Phosphorescent Song for Zula

C’è qualcosa di magnetico in Song For Zula, che non so spiegare.

Quel quid che rende una canzone opera d’arte, quando non capolavoro. E nel caso di Phosphorescent, ad oggi credo che Song For Zula sia proprio il suo capolavoro.



L’altra sera, il cantautore americano (nome all’anagrafe Matthew Houck) ha mandato in diretta Facebook un suo concerto del 2018. È sempre emozionante vedere i saluti e i commenti del pubblico da così tanti paesi diversi, tutti uniti dalla musica nello stesso qui-ed-ora, nello stesso spazio sacro acustico.



Come fossimo nella stessa stanza, o allo stesso concerto. E certo le immagini del pubblico libero di stringersi e di ballare in massa fanno emozionare, oggi, instillandoci la speranza di ritornare presto a condividere quelle esperienze.



Ma tornando a questa poesia, a questa meraviglia che è Song For Zula, “canzone per Zula”…



L’ho conosciuta non so come diversi anni fa e mi ha letteralmente rapita al primo ascolto. Da allora, è rimasta nel novero dei miei pezzi “evergreen”, i sempreverdi immortali, quelli che, rari, non perdono la loro freschezza, la loro magia e il loro effetto rimane intatto ogni volta.

Non so come sia possibile. Sarebbe come imparare a fare un pane che non scade. Come se fosse impermeabile alla vita terrena.



Non so se sia l’ipnotico reef delle tastiere. Non so se dipenda dalla voce, così malinconica, arresa a se stessa e suadente. Oppure dalle parole: una vera e propria poesia messa in musica. Una poesia che riguarda da vicino molti di noi e il nostro rapporto con l’amore e con noi stessi.



Ma credo che l’effetto in realtà dipenda da un’alchimia di tutti questi elementi messi insieme, e decine di altri. Per non scordare il video: un semplice capolavoro simbolico che spero tanti abbiano trovato e compreso.



Non credo sia possibile riprodurre lo stesso incanto, dopo che hai creato un pezzo così. Il fatto è che certe opere escono da dimensioni diverse e a volte un artista non riesce a tornarci per una vita. Può solo girarci attorno e continuare a nutrirsi di melodie simili.

Vi lascio dunque in compagnia di questo gioiello, struggente e così vivo, pulsante e talmente pieno di significato da uscire dal pezzo ed espandersi nel mondo ogni volta che lo ascolti…

Phosphorescent Song for Zula

Alcuni dicono che l’amore brucia

Che crea un cerchio di fuoco ardente

Oh ma io so che l’amore è qualcosa che svanisce

Vacillante proprio come una foglia nella corrente

Vedi, dolcezza, ho visto l’amore.

Sai, è venuto da me

Si è messo faccia a faccia con me in modo che potessi vedere

Poi ho visto l’amore sfigurarmi

Trasformandomi in qualcosa che non riconosco.

Vedi, la gabbia, chiamava. Io dissi “vieni dentro”

Non mi aprirò in questo modo un’altra volta

Né poserò la mia testa sulla terra o i miei denti sulla sabbia

Non resterò sdraiato così per giorni fino alla fine

Non mi vedrai cadere, non mi vedrai lottare per restare in piedi

Per essere riconosciuto dal tocco delle sue mani nodose.

Vedi, la gabbia, chiamava. Le dissi “vieni dentro”

Non mi aprirò in questo modo un’altra volta.

Vedi, la luna brilla luminosa nei rami più alti della notte

Vedo le ombre che proiettiamo nella luce limpida e fredda

I miei piedi sono oro. Il mio cuore è bianco

E noi corriamo nelle pianure del deserto tutta la notte

Vedi, dolcezza, non sono una qualunque cosa rotta

Non ti aspetto qui sdraiato al buio

Ora il mio cuore è d’oro. I miei piedi sonno leggeri.

E sto correndo nelle pianure del deserto tutta la notte.

Alcuni dicono che l’amore brucia

Che crea un cerchio di fuoco ardente

Oh ma io so che l’amore è una gabbia

Solo un assassino uscito a chiamarci da qualche incubo terribile.

Oh e voi tutti venite a guardare

State semplicemente lì in piedi davanti al vetro ad osservarmi

Ma io mio cuore è selvaggio. Le mie ossa sono di acciaio.

E potrei uccidervi a mani nude se fossi libero.

Sonia Serravalli – La vostra scrittrice trasformista.

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